Lamento del giovane ipocondriaco
Prendete una madre scomparsa che forse aveva avuto per amante un venditore di asole. Aggiungete un padre assente, che vive nella religione della simmetria e del gioco del lotto, e una sorella che vaga nello spazio immacolato delle sue incertezze "come una zanzara dentro un bicchiere di latte acido ". E adesso ponetevi nell'ottica di un giovane ipocondriaco, che li osserva, scrutando se stesso, dal lettino di Dov, impareggiabile, taciturno psicoanalista polacco, nascosto dietro un'enorme lampada d'alabastro.E' una prospettiva che sembrerebbe improbabile, eppure non è così, perché queste storie del Lamento, ilari e inquietanti, sono legate da un metodico delirio che, stranamente, ci è familiare.In mancanza di regole, di un'etica tramandata di padre in figlio, di una famiglia "regolare", il giovane protagonista ha scelto l'ipocondria come carcere che però è anche difesa, protezione contro l'esterno. Mettendo in scena fantasie persecutorie e deliri di onnipotenza, manie e visioni, esperienze sessuali improbabili e farneticazioni in puro gergo psicoanalitico, Paolo Repetti costruisce un racconto dagli irresistibili effetti comici, di una comicità sinistra, che fagocita e irride l'inespugnabile senso di colpa di cui è vittima il protagonista. Romanzo "antifamigliare", il Lamento è, quasi suo malgrado, un omaggio alla potenza trasfiguratrice della fantasia, anche quando, come in questo caso, prende la forma del delirio ipocondriaco.Il ritmo del romanzo che irrida, pur nell'esemplare esattezza delle citazioni, il lessico e l'universo psicoanalitico, è per forza mutevole, le situazioni sono imprevedibili, spesso anche lontane tra loro. C'è bisogno, per radunare tutto e tutti, di uno stile capace di convocare personaggi e di evocare atmosfere, c'è bisogno di una scrittura onirica e concreta, precisa e divagante, c'è bisogno di ritrovare, come nel cocktail iridescente di questo Lamento, un gusto: il piacere di raccontare per fantasia, per paradosso, per ironia [...]
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