L'amico d'infanzia

L'amico d'infanzia è il romanzo di una "lunga rabbia", la storia di un ribelle che continua ad essere tale quando l'età della rivolta è passata ad un pezzo. Ed è il romanzo di coloro che l'hanno conosciuto, che hanno fatto un tratto di strada con lui e poi si sono rassegneti, o si sono più o meno bene integrati, oppure si sono persi. E ci sono molti modi di perdersi, di bruciare i sogni della giovinezza. Ci sono le tattiche di Ines per acquisire la più solida rispettabilità borghese e le strategie autodistruttive di Elena che quella rispettabilità, nella quale si potrebbe legittimamente accomodare per origini e censo, fa di tutto per gettarla via.L'amico d'infanzia è Fausto, e la sua parabola esistenziale costringe alla resa dei conti tutti coloro che l'hanno conosciuto e frequentato. L'esame di coscienza collettivo, che coincide con il bilancio di una generazione, dei suoi miti, dei suoi sogni e dei suoi poeti, comincia il giorno in cui si viene a sapere che lui, Fausto, è latitante con l'accusa per l'omicidio del suo datore di lavoro, Duilio Tidei, un palazzinaro senza scrupoli.In fuga, una fuga senza fine, velleitaria, inutile e proprio per questo irrinunciabile, Fausto sperimenta devozioni e infedeltà, mette alla prova gli altri e gli altri mettono alla prova lui. Alla luce livida della sua esperienza, altre storie riemergono, come l'antica ferita che ancora brucia nella coscienza del Preside, bellissima figura di testimone, di burbero idealista che quei ragazzi li ha visti crescere tutti. Li ha visti sognare, arrovellarsi, sbagliare, riprendersi e ricadere, come ha visto cambiare la città, Roma, e i suoi quartieri. Il quartiere delle "Torri", per esempio, che ha perso il nome dei negozi e forse anche le parole della sua storia, una storia che una volta aveva i suoi poeti, ma che adesso "si mantengono alla larga, i poeti".