Semplici storie
Già noto in Germania, dove si impose poco più che trentenne con una raccolta di folgoranti racconti in cui rendeva omaggio ai grandi maestri del genere, da Cechov a Gogol', il caso Ingo Schulze è esploso sulla scena letteraria internazionale l'anno scorso con "Semplici storie". In ventinove "episodi" in cui si ritrovano variamente intrecciati numerosi personaggi, Ingo Schulze ricostruisce con spietata ironia la vita in una cittadina tedesca ex DDR precipitata nel caos della Germania unificata. Non ci si aspetti però un romanzo di impegno socio-politico. Nell'Altenburg raccontata da Schulze, la Germania sembra non esistere più, i suoi tedeschi sono uomini e donne "sull'orlo di una crisi di nervi", individui sospesi tra passato e presente a guardare un futuro che, col suo carico di piccole, domestiche conquiste, sembra più minacciarli che farli sognare. Beffati dalla storia, ci comunicano una condizione esistenziale che supera i confini dell'attualità, esponenti di una società in transizione che scavalca le frontiere della Germania. Ma a imporsi sopra tutto sono la voce e la costruzione del romanzo. Nel raccontare queste "semplici storie" Schulze si rifà ai maestri del minimalismo americano, primo fra tutti Raymond Carver. Ma vi aggiunge un'ironia che lascia filtrare un senso d'intensa partecipazione, e ricorre a un montaggio di natura cinematografica che recupera a distanza eventi e personaggi, con rapidi cambi di prospettiva che imprimono un ritmo quasi di suspense, e trasformano queste "Semplici storie" in uno straordinario romanzo a più voci.
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