Metà acqua, metà fuoco
Dei giovani scrittori cinesi, Wang Shuo è da molti critici considerato l'esponente più originale e spregiudicato ("una rivelazione" ha scritto"Tuttolibri" l'anno scorso nel recensire il suo primo romanzo tradotto in Italia, "Scherzando col fuoco"). Moderna e disperata, eroica e disillusa, la Cina che Wang Shuo ci racconta ha da tempo smesso di credere nell'immagine di un paese in marcia verso un avvenire luminoso. Lontanissima da Tian'anmen, più vicina a quella che finora abbiamo visto nei film di Zhang Ymou, è una Cina in cui al rigore ossessivo degli schemi sociali e all'etica di partito si vanno sostituendo rapidamente aspirazioni, bisogni, modelli che originano in Occidente. Ma l'apertura al nuovo comporta anche il timore di perdere la propria identità, e qui sta l'originalità di Wang Shuo, attento a cogliere, di questo sviluppo tumultuoso, le lacerazioni esistenziali più che quelle sociali e politiche.Leggere "Metà fuoco, metà acqua" - una storia d'amore tenera e aspra, ambientata fra i giovani di una Pechino ancora sconoscuta - è calarsi in una romantica disperazione che disvela, nella sognante semplicità della scrittura di Wang Shuo, il fascino e la novità di una cultura lontana dalla nostra. Nella vicenda di un giovane delinquente che si dedica al gioco d'azzardo per paura dei sentimenti nella tragica storia di un grande amore volutamente trascurato e offeso, e nel dolore di un distacco in cui finalmente affiorano le ragioni del cuore, quella che Wang Shuo ci racconta non è solo un'intensa, folgorante edicazione sentimentale. E' il ritratto di quella che, in altri tempi, si sarebbe detta una "generazione perduta", la rappresentazione di un mondo di giovani disincantati, prigionieri della propria fragilità e forse convinti che il loro posto dovrebbe essere altrove, privati delle certezze e disperatamente in cerca di una nuova identità emotiva.
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