Lettere a Lietta
Le lettere di Pirandello alla figlia Lietta, ordinate e amorosamente trascritte da Maria Luisa Aguirre D'Amico e qui presentate per la prima volta ai lettori, sono del 1918 - del tempo della fuga della ragazza a Firenze, quando Pirandello ha 51 anni e la figlia secondogenita 21 -; del 1922 e del 1923 - del tempo in cui Lietta, ormai sposa, si è trasferita nel lontano Cile: l'Oceano quindi e la barriera nevosa delle Ande seppelliranno e in parte ritarderanno la corrispondenza. E ancora del 1931, 1932, 1933, degli anni in cui alla lontananza della destinataria, della figlia, si somma la lontananza da Roma del mittente, del padre, ramingo allora per l'Europa; e infine del 1936, quando Lietta ritorna definitivamente a Roma pochi mesi prima della morte di Pirandello.In queste lettere, e fin dalle prime, vi è il costante e via via sempre più assillante tema economico, la puntuale annotazione di guadagni e di spese; vi è un prezioso diario della vicenda letteraria dello scrittore, del suo incessante, eroico scrivere, del destino, presso lettori e spettatori, delle sue novelle, dei suoi romanzi, dei suoi drammi teatrali. Vi è gioia di comunicare alla figlia il successo a Milano dell'Enrico IV interpretato da Ruggeri, il trionfo all'estero dei "Sei personaggi" di cui Lietta, insieme al padre, aveva sofferto l'insuccesso, il dileggio e gli insulti degli spettatori, alla prima del 1921 al teatro Valle di Roma. Vi sono, qua e là, brevi, veloci notizie sulla moglie Antonietta, sulle sue crisi, sulle sue remissioni (un qualcosa di profondamente doloroso che appena bisogna sfiorare); vi si legge la ritrosia dei figli, pur pressati dal padre, ad incontrare la madre.Ma quel che sicuramente è in primo piano, nelle lettere, è il rapporto tra questo padre e questa figlia, fra questo Edipo dolorante e afflitto dal senso di colpa, e questa Antigone che ha vissuto la tragedia e ne porta in sé i segni, che sempre più s'accosta al padre, che lo guida e lo consola. Da qui il tono [...]
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