Venere lesa
Un uomo ripercorre un tranquillo viale e si ferma di fronte alla villa abbandonata che, molti anni prima, l'aveva ospitato. Le persone, conosciute un tempo e ormai relegate nel ricordo, ridiventano vive, riprendono i volti di allora, si presentano al lettore con la propria voce. L'ospite, testimone non imparziale della complessa, inquietante vicenda dei loro rapporti, è il narratore del romanzo. La sua voce, che all'inizio appare "fuori campo", entra poi con crescente curiosità e partecipazione nel sottile gioco psicologico che coinvolge tutti, trasformandosi ben presto in intreccio e conflitto amoroso.Ecco venirci incontro, uno dopo l'altro sulla scena, il maturo professor Deravines e la sua giovane e inquieta moglie Angèle; ecco Giulio Colombi, uomo brillante, fragile, troppo amato dalle donne, e la sua fascinosa e trascurata fidanzata Flora. Una doppia coppia, dunque, e un narratore che è personaggio tra i personaggi, in fuga dal fallimento del proprio matrimonio, profondamente coinvolto nelle dinamiche sentimentali instaurate dalla vicinanza, dalle consuetudini, dalle affinità e dalle debolezze, dalla volontà e dal caso. Insieme, i protagonisti formano un quintetto che incarna e inscena la danza evanescente e intricata dell'amore.Benché convinto dell'incomunicabilità del sentimento amoroso, della sua natura privata come quella del dolore, Maurensig ne segue ogni battito, ogni rallentamento e accelerazione, ne descrive le strategie tortuose o frontali, ne registra i picchi generati dalla passione e le onde più morbide provocate dal gioco, da un gioco, comunque, pericoloso. Questo amore che si nutre del possesso come della sottrazione, dell'attaccamento come della rivalsa, trova il suo simbolo in una figura dell'astrologia, quella Venere "lesa", cioè incrinata, afflitta, ferita, che allude a un'ansia immedicabile, all'impossibilità della durata, a un gioco straziante che di eterno ha solo le regole che lo governano.
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