Da giovane "aveva l'aria dì un boxeur inglese", ha scritto di lui un amico, R. Hoppe. E un altro, André Maurois: "Fernand Léger assomigliava a un quadro di Fernand Léger". E poi c'era Apollinaire, che parlava della sua 'semplicità', della 'solidità del suo raziocinio'. Se a questo aggiungiamo certe cose che Léger diceva su come gli piaceva la forza fisica o la semplicità della gente del popolo conosciuta in trincea, ne vien fuori un ritratto molto preciso, il ritratto di una specie di primitivo contemporaneo, lontano per natura dalle sottigliezze e dalle complicazioni: uno che aveva una vera passione per le cose robuste e per le sistemazioni chiare e che lavorava come un artigiano di gran classe. Questo ritratto, del resto, non è del tutto irreale. Léger era anche così. Ma c'era dell'altro, in lui. In confronto a Léger, altri artisti contemporanei sembra che non siano mai usciti dallo studio. Léger ha tenuto decine di conferenze. Ha viaggiato. Si è interessato attivamente di cinema, di architettura. Ha discusso, teorizzato, ha lavorato a esperienze figurali diversissime. La sua semplicità, insomma, non esclude affatto una estrema complessità. Questa è una cosa da tener presente, prima di considerare la sua opera. E un esame della sua opera potrà farci conoscere meglio questa sua doppia fisionomia.
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Titolo: Fernand Léger. Lo spirito del moderno
Autore:
Sandro Parmiggiani
Editore: Skira
Data di Pubblicazione: 2003
Pagine: 190
Formato:
ISBN: 9788884913432