L'11 aprile 1963, davanti alle televisioni di tutto il mondo, Giovanni XXIII firmò la "Pacem in terris". A quarant'anni di distanza, Giovanni Paolo II ha riproposto con forza questa enciclica all'attenzione del mondo, quando - suscitando sorpresa e un intenso dibattito - ha assunto una posizione molto netta contro la guerra in Iraq. Quali sono le radici dell'accorato appello rivolto da Karol Woytjla: "mai più la guerra"? Al di là della sua biografia personale, una forte influenza è dovuta sicuramente alla parabola complessiva della Chiesa cattolica nel corso del Novecento, di cui la "Pacem in terris" costituisce una tappa tra le più significative. Ma già Leone XIII aveva reso esplicita l'idea del Papa come 'padre comune' di tutti i popoli e della Santa Sede come arbitro delle controversie internazionali, e con Benedetto XV la voce del Papa aveva denunciato il carattere devastante della moderna guerra totale, parlando di 'inutile strage'. Secondo molti, la fine della guerra fredda e il 'nuovo disordine mondiale', attraversato da forme inedite di terrorismo, rendono inapplicabili i principi internazionali del XX secolo. In realtà, come si è visto, la "Pacem in terris" denunciava già i limiti di una deterrenza basata su armi incontrollabili nei loro molteplici effetti distruttivi, affermando che una guerra giusta è diventata quasi impossibile. Ma il tramonto del bipolarismo non ha messo fine a tali pericoli e il terrorismo ha svelato l'estrema fragilità anche dell'unica superpotenza mondiale. In questo senso, la "Pacem in terris" ha ancora qualcosa da dire: può additare, in un clima di paura, le ragioni della speranza, i segni certi della possibilità del riscatto collettivo.
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Titolo: Pacem in terris tra azione diplomatica e guerra globale
Autore:
Agostino Giovagnoli
Editore: Guerini e Associati
Data di Pubblicazione: 2003
Pagine: 219
Formato:
ISBN: 9788883354113