Cocteau scrisse "Il libro bianco" nel 1927, a trentotto anni, in un'età già matura: solo quando sentì che cresceva la sicurezza di sé o che i problemi si facevano più urgenti, si decise a confessare la sua omosessualità. Naturalmente fu una confessione parziale (nel senso che le fu sottratto il nome dell'autore, non una qualche parte del contenuto). Ma Il libro bianco resta uno degli esempi più squillanti di letteratura impegnata, quasi una provocazione rispetto a ciò che sarebbe diventata la letteratura nell'Europa degli anni Trenta. "Arrivai ad augurarmi che la ia mano potesse toccare ciò che il mio occhio aveva visto" dice Cocteau: e questa è una palese dichiarazione sul carattere ideologico del testo. Poi, a complicare un poco le cose, c'è il suo neoclassicismo: non solo la struttura a singhiozzo, tutta fremente nell'abbondanza degli a capo e delle spaziature, quasi aforismatica e "poetica", ma anche lo stile, il lessico alto. Che cosa sia il suo neoclassicismo, Cocteau ce lo spiega benissimo al di là della teoria: la donna moderna, la vamp, nella sua antiduchampiana ironia, è come "una marmitta che vuole essere messa sul piedistallo": il sesso della persona amata, nella sua evocazione, diventa una "favolosa piccola pianta marina, morta, raggrinzita, arenatasi sul muschio, che si spiana, si dispiega, si drizza e getta lontano la sua linfa appena ritrova l'elemento d'amore...".
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Titolo: Il libro bianco
Autore:
G. Pavanello,
Jean Cocteau
Editore: Guanda
Data di Pubblicazione: 1993
Pagine: 96
Formato:
ISBN: 9788877463487