Questo libro, dice Vittorio Sereni nella Nota che accompagna la riedizione dell'ultimo libro di Felice Chilanti, fu scritto come un lungo requiem dedicato a Viviana, moglie e compagna di vita e di passione ideologica e politica, spentasi nel maggio 1980 in un albergo di Pechino. Se requiem è parola-preghiera, non può però essere in nessun modo lamentazione funebre, neppure nell'ora della malinconia e del dolore, perché il lamento non è mai stato timbro congeniale a Chilanti, il ribelle, il sedizioso, l'instancabile denigratore di ogni accomodamento. Allora è qualcosa d'altro: infatti, fu già nell'albergo di Pechino "che trovai in me una ragione di sopravviverti e tornare qui, a questo tavolo per poter narrare a te, a me stesso, ad altri anche, tutto quanto abbiamo pensato, e fatto, e taciuto fra noi. La nostra giornata". La ragione per sopravvivere è dunque il raccontare, un raccontarsi continuo, un raccontare a lei e a se stesso ciò che hanno vissuto: anni e decenni in cui l'amore - battagliero fin che si vuole - è stato il filo continuo della loro esistenza, della loro 'giornata'. In questo smarrimento privato davanti alla perdita e all'assenza, diventa allora più forte, luminosa e vera la loro forza coerente di non-riconciliati, di non-conformisti, anche perché erano insieme. Lettera a Pechino si rivela così una lunga lettera d'amore, ma non solo, perché "Chilanti, cantastorie di un'Italia meschina, non ebbe paura di mettere in piazza le nostre vergogne: senza odio" (Vanni Scheiwiller). Con una nota di Vittorio Sereni e uno scritto di Vanni Scheiwiller.
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Titolo: Lettera a Pechino. «Ricordi? In piazza a dare armi al popolo c'era soltanto Leo Longanesi»
Autore:
Felice Chilanti
Editore: Libri Scheiwiller
Data di Pubblicazione: 2004
Pagine: 177
Formato: Brossura
ISBN: 9788876444081