Vale per tutti i cristiani, ai quali la Chiesa ha consegnato il Salterio come preghiera quotidiana, la massima di Kierkegaard: "Giustamente gli antichi dicevano che pregare è respirare. Si vede, così, quanto sia sciocco voler parlare di un perché. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così con la preghiera". Ecco la ragione per cui il libro dei Salmi non dovrebbe mai staccarsi dalla nostra quotidianità. Per documentare questa necessità radicale, oserei dire 'fisiologica', potrei proporre due profili sostanziali. Innanzitutto i Salmi sono poesia e musica, come dice già il termine greco Psalmoi: sono veri e propri canti da far risuonare con "arte" (Sal 47,8). I Salmi sono patrimonio letterario anche per le loro irridiscenze poetiche che vanno da gioielli assoluti, come il Sal 42-43, fino a composizioni minime, come le sole diciassette parole ebraiche (Sal 117) incastonate da Mozart nei Vespri solenni del Confessore. Accanto alla poesia c'è però la 'lode', la preghiera, l'invocazione, la fede - da cui il titolo ebraico Tehillim, lodi appunto. I Salmi sono attestazioni di una fiducia umana orante, che si muove lungo lo spettro cromatico spirituale che parte dal gelido e cupo violetto del lamento, dell'implorazione, della supplica, dell'infelicità e approda al rosso incandescente dell'inno festoso, della lode, della gioia.
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Titolo: Rileggere salmi, cantici, inni
Autore:
P. Stefani
Editore: Morcelliana
Data di Pubblicazione: 2011
Pagine: 288
Formato:
ISBN: 9788837225216