Quale relazione nascosta accomuna cose apparentemente così eterogenee come la filosofia di Platone, il ruolo della visione nella tradizione occidentale e la notazione del suono musicale? Il presente lavoro prende le mosse da un serrato confronto con il testo platonico nel quale emergono per la prima volta alcuni temi fondamentali: il privilegio accordato alla visione sugli altri sensi, la centralità del momento mimetico, la rappresentazione. Nei "Dialoghi" si inaugura il potentissimo giogo che raccoglie in sé visione, scrittura alfabetica e definizione. Gli altri aspetti del mondo vengono banditi dall'ambito del significato logico, e in particolare il suono. Della sua "voce infinita", figura che sintetizza l'indicibilità dell'esperienza, restano solo i segni visibili della scrittura: indizi e tracce di una 'traduzione' impossibile quanto ineffabile. Con un percorso a tratti sorprendente, che tocca discipline disparate come la filosofia, la linguistica, l'iconologia, la musicografia, il libro pone la questione centrale concernente l'origine e il senso del concetto di rappresentazione, sviluppando una radicale critica a quello che Barthes chiamava "il pregiudizio trascrizionista". Di questo pregiudizio, mai davvero affrontato nelle ricerche settoriali, la scrittura musicale, la sua origine e il suo senso, costituiscono un ambito di problemi e di domande esemplari.
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Titolo: I segni della voce infinita. Musica e scrittura
Autore:
Gianluca Capuano
Editore: Jaca Book
Data di Pubblicazione: 2002
Pagine: 240
Formato:
ISBN: 9788816406049