Ares, la guerra. Eschilo era un guerriero. Maratona e Salamina, le battaglie in cui la Grecia aveva imprevedibilmente vinto sullo sterminato esercito degli invasori Persiani, ricacciando i nemici in Asia, erano state il teatro in cui Eschilo aveva dato prova di un valore destinato a essere ricordato nel tempo. Per la sua tomba il poeta compose un epitafio in cui ricordava soltanto le sue gesta sul campo di Maratona. Eschilo, il guerriero, affida il ricordo di sé alla gloria militare, non alla gloria poetica: i posteri dovranno ricordare che il suo è il nome di un combattente valoroso. I Persiani vengono portati in scena nel 472 a.C. Sono passati solo otto anni da quando i 'barbari' occuparono l'Acropoli di Atene e bruciarono i templi, costringendo gli Ateniesi a evacuare la città. Tutti gli spettatori ateniesi hanno ben vivo il ricordo di quegli eventi: sullo sfondo del teatro di Dioniso, sotto l'Acropoli, le macerie dei templi portano ancora i segni dell'incendio e della profanazione. Senza le vittorie di Maratona, di Salammo e poi di Platea, Atene non sarebbe esistita e tutta la Grecia sarebbe divenuta una satrapia persiana, annessa come provincia d'Occidente all'immenso impero achemenide. Eschilo mette in scena la guerra scegliendo, fra le battaglie che segnano la luminosa serie di successi dei Greci, l'episodio militare in cui Atene giocò un ruolo determinante: la battaglia navale di Salamina. La tragedia mira a ribadire la necessità geopolitica di un confinamento continentale del potere persiano: una limitazione che lascia spazio all'egemonia sul mare che Atene si riserva. Come icasticamente racconta il Messaggero in scena descrivendo la battaglia, le navi persiane sono numerosissime ma ingombranti, pesanti e impacciate, mentre Atene con la sua piccola e agile flotta, con le sue navi leggere dalle manovre svelte ed eleganti, sa danzare sul mare. In mezzo al teatro, nell'area della rappresentazione, campeggia la sontuosa 'tenda' di Serse, la piccola reggia su ruote predata a Platea al re dei Persiani: il trofeo simbolicamente più importante della guerra è diventato 'scena' teatrale. Barbara è la scena, e non solo per celebrare il vanto del prestigioso trofeo; barbari i costumi; barbari i personaggi del dramma. Gli spettatori - Greci e Ateniesi - che hanno sofferto la pena, i lutti, il terrore dell'invasione, sono chiamati a piangere con il nemico, per le sue pene e per i suoi lutti: a compiangere la sua sconfitta. Se dunque lo spettatore ateniese partecipa al dramma riconoscendosi nella parte dei vincitori, il gioco drammatico prevede però la partecipazione del pubblico alle emozioni di una scena che è tutta persiana, così come tutto persiano è il punto di vista dei personaggi che in scena agiscono e patiscono. L'identificazione con gli 'Ateniesi' vincitori di Salamina non può procurare al pubblico un compiacimento univoco perché si intreccia con lo strazio dei vinti: il poeta dà forma al difficile esercizio di mettersi nei panni del nemico, di soffrire con lui e per lui. La proiezione in scena di questa prospettiva capovolta mette in crisi, minaccia, l'identità nazionale ellenica consolidata dai recenti successi bellici. Il poeta che è stato in guerra si è scontrato fisicamente con il nemico, ha visto l''altro' da vicino e ora intende rappresentare l'alterità che ha conosciuto per differenza e per analogia. (Dalla introduzione)
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Titolo: Le tragedie
Autore:
M. Centanni,
Eschilo,
Monica Centanni
Editore: Mondadori
Data di Pubblicazione: 2003
Pagine: 1336
Formato: Rilegato
ISBN: 9788804513605